
Diario di bordo: due mesi in Polonia
In uno dei primi training che ho fatto all’inizio di questa esperienza mi è stato mostrato un grafico in cui si vedeva l’andamento dell’umore del volontario durante l’anno. Come forse potrete immaginare, l’inizio prevede un picco di entusiasmo che per ovvie ragioni si abbassa con l’andare del tempo fino a incontrare una vera e propria crisi esistenziale che poi, promettono, verrà superata.
La bella notizia è che mancano 4 mesi alla crisi esistenziale, la negativa è che il picco di entusiasmo è ormai alle spalle.
Non è semplice spiegare in un diario pubblico quello che provo in questi giorni, non lo è perché per quanto possa definirmi una persona a cui piace condividere la propria vita, farlo in uno spazio limitato comporta un inevitabile semplificazione che per quanto concerne la sfera emotiva trovo sia svilente.
Potrei scrivere che in questi giorni per la prima volta da quando sono arrivata mi sento malinconica e che talvolta mi ritrovo con gli occhi che pizzicano ma sono consapevole che evocherei un’immagine di me parziale e probabilmente legata al concetto di tristezza quando in realtà sto vivendo uno dei periodi più felici della mia vita.
La melanconia me la porto addosso da sempre, da quando sono consapevole che il tempo scorre inafferrabile e tutto ciò che viviamo non andrà a ripetersi una seconda volta.
Marzo è stato un mese in cui il ricordo dell’Inghilterra si è fatto sentire più forte che mai. Senza accorgermene, da prima per caso e poi in seguito per scelta, mi sono ritrovata a notare somiglianze, differenze, ascoltare la stessa musica e parlare con gli altri volontari della mia esperienza passata e del desiderio di tornarci. Riflettendoci più a lungo credo sia stato il periodo in cui ho iniziato a elaborare realmente quello che è accaduto lì: la mia prima permanenza sola all’estero, la realizzazione che la mia vita così come la conoscevo stava cambiando e doveva continuare a farlo, l’inizio della mia totale indipendenza e “convivenza” con me stessa senza avere una persona al mio fianco come ero abituata da quasi quattordici anni.
Ora non so di quanto tempo la mente umana abbia bisogno per processare e superare un totale cambio di vita ma è solo dopo nove mesi che ho capito che devo concedermi del tempo e smettere di pretendere da me stessa più di quello che effettivamente posso gestire.
Sento di essere scesa dalla giostra in cui sono stata felicemente per tutti questi mesi e sono pronta a vivere in una dimensione più normale e ad ascoltare di nuovo i miei bisogni. Durante questo secondo mese mi sono anche ricordata che uno dei miei più grandi pregi è sempre stato anche uno dei miei più grandi problemi: sono brava ad ascoltare gli altri, aiutarli, capirli e stargli vicino ma arrivo a farlo ad un punto che comincio a vivere per loro e con loro mettendo me stessa in secondo piano. E siccome quel secondo piano l’ho vissuto per anni con stress e tristezza sento la necessità di non vivere un passato 2.0 e andare davvero avanti secondo le mie necessità. Sarà una delle sfide più grandi da ora in poi ma l’alternativa è continuare a provare un’inutile sofferenza che anche con la mia precaria autostima credo di non meritare.
Passando dal lato emotivo a quello pratico anche in questo secondo mese a Gdynia ho continuato a fare tante cose per la prima volta: ho incontrato nuove persone, visitato nuovi posti, tra cui uno in particolare, Hell, mi è piaciuto talmente tanto che è ufficialmente entrato nella mia top tre dopo Gdansk e Krakow.
Hell è una penisola situata vicino a Gdynia che termina con la città omonima e che a tutti gli effetti è un grande paese di mare e pescatori con un importante centro di cura delle foche. Sono stata lì insieme al mio gruppo di volontari, ho iniziato a scattare di nuovo foto con la reflex e anche per questo rimane un luogo importante per la mia creatività che piano piano comincia a tornare.
Marzo è stato anche il mese in cui la mia opinione su Gdynia è cominciata a mutare. Non credo di averlo mai scritto in questo blog ma il primo impatto con la città è stato difficile. Ricordo che il secondo giorno in cui sono arrivata ho fatto un tour a piedi con le mie coinquiline e ad un certo punto, arrivata in un luogo panoramico dove teoricamente avrei dovuto apprezzare la vista, l’unica cosa che riuscivo a pensare era quanto fosse assolutamente e incredibilmente brutta l’architettura della città. Tutto era grigio e cemento e alla fine c’era il mare, che ok era l’unica cosa degna di nota, ma non riuscivo a trovare una singola cosa che fosse vicina al concetto di bellezza come lo intendo io. Poi però ho continuato a vivere la città, a camminare, conoscere nuovi posti, ho iniziato apprezzare prima di tutto la spiaggia e il molo (Orlowo) che rimangono i miei posti preferiti in assoluto, poi i locali dove bere e mangiare e infine alcune zone residenziali colorate che mi mettono di buon umore solo a vederle.
E poi l’evento più bello e inaspettato di tutti: prima che finisse il mese, a sorpresa, è arrivata la neve. Quando l’ho vista per la prima volta ero in treno tornando da gdansk a gdynia, dopo una giornata strana in cui avevo fatto solo cose nuove e girandomi per vedere in quale stazione fossi arrivata, in controluce seguendo il fascio luminoso di un palo, ho visto tanti piccoli fiocchi di neve scendere dal cielo. Anche se era buio e non si vedeva quasi nulla, sono scesa in una stazione lontana dal mio appartamento e ho passato venti minuti al gelo solo per girare due brutti video in cui si vedeva la neve scendere. Li ho fatti perché volevo immortalare quel momento che temevo sarebbe terminato da lì a breve ma per fortuna mi sbagliavo. La mattina seguente mi sono svegliata e guardando fuori dalla finestra c’era un paesaggio tutto innevato pronto ad attendermi. Non mento nello scrivere che è stato uno dei momenti più emozionanti da quando sono qui. Ho passato la mia esistenza a vedere la neve principalmente nei film e a sognare di svegliarmi un giorno con i fiocchi che scendono e un caminetto acceso pronto ad attendermi e quando ho realizzato che stava davvero accadendo davanti ai miei occhi (caminetto a parte), in un momento della mia vita in cui sto facendo quello che voglio e sono effettivamente felice, è stato ancora più bello di quello che mi aspettassi. E altrettanto bello è stato quando sono andata in spiaggia e al posto della sabbia c’era un’immensa coltre di neve. Mi fa ancora male la faccia dal gelo nel ricordare il mio sorriso.
poi mille altre cose, per lo più tutte belle: le giornate che si allungano, i primi tramonti colorati, le torte che mangio in ufficio, in giro, a casa e che mi rendono felice, le ore passate a bere caffè e té chiacchierando, il mio inglese che continua ad essere un casino ma che non ho più paura di usare (quindi faccio sempre errori ma me ne frego), le prime parole che comincio a capire in polacco, le family dinner con le mie coinquiline, le serate passate insieme agli altri volontari a cucinare, mangiare, guardare un film e i party, che riservano sempre incredibili sorprese.
Infine, ma mai per ultimo, le persone: alcune relazioni hanno preso altre strade, altre si sono rafforzate e altre ancora sono appena iniziate ma continuo a ripetere che questo continua ad essere l’aspetto più affascinante e allo stesso tempo complesso di questa esperienza con gli ESC.
Il secondo capitolo del mio diario digitale è concluso! Ad aprile vorrei portare a regime tutto il mio lavoro: la mia intenzione è di cominciare a pubblicare alcuni articoli su cosa vedere/fare qui nelle Three city (Gdynia, Gdansk e Sopot) scrivere i post anche in inglese e inviare la prima newsletter mensile sulle ispirazioni visuali.
Chiudo con alcune foto (alcune sono belle, altre le scatto solo per ricordo) che raccontano in parte questo ultimo mese.
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