PhotographyDiario di bordo: 45 giorni in Polonia

Diario di bordo: 45 giorni in Polonia

Ho tre pagine di word riguardanti i miei primi dieci giorni a Gdynia che non so come e se pubblicare. Sarebbe stato un racconto leggero, riguardante il primo impatto con la Polonia e credo vi avrei strappato un sorriso, di quelli che si riservano ai bambini buffi che cercano di fare qualcosa ma non ci riescono. 

Però poi è arrivata la guerra in Ucraina e ho smesso di scrivere. Da quando è iniziato tutto è come se fosse calato un velo opaco che si interpone tra me e la mia parte creativa, quella che mi permette di dedicarmi ai miei progetti personali che sono scritti nero su bianco in un angolo di pagina del mio diario ma che non ho più avuto il coraggio di riaprire. Ho quindi attraversato diverse fasi. 
Danzica

La prima è stata di totale sopraffazione. Il 24 febbraio, dopo essermi svegliata, sono andata in cucina, ho visto la mia coinquilina Ucraina con il volto corrucciato leggendo qualcosa sul telefono e ho immediatamente realizzato cosa stava succedendo “la guerra è iniziata”, ha detto a bassa voce. Da quel momento in poi è come se la mia nuova e ancora instabile realtà fosse crollata improvvisamente. 

 

Essere in un paese confinante con quello colpito da una guerra vuol dire percepire tutto in modo molto più intenso. Mi sono accorta, con genuino stupore, quanto fosse forte il legame tra l’Ucraina e la Polonia quando ho visto il paese trasformarsi e prodigarsi negli aiuti davanti ai miei occhi.

 

Nella seconda fase ho cercato invano di essere utile ma in pratica non c’era molto che potessi fare se non essere di supporto morale e attendere seguendo gli sviluppi. Sicuramente è stata la parte più complessa, sentire e vedere il dolore negli altri rimanendo una semplice spettatrice appesantisce a dismisura.

 

Nella terza fase ho iniziato a fare la mia parte. L’ong per cui faccio volontariato ha organizzato un programma ad hoc per soli ragazzi Ucraini ed il mio compito fino ad ora è stato anche quello di aiutarli ad integrarsi. Ho conosciuto un gruppo di circa 15 ragazzi interessanti, curiosi, pronti a rimboccarsi le maniche e dare il loro contributo. Non mento nel scrivervi che ho imparato molto da loro in soli 7 giorni e mi sento grata per ogni scambio avuto.

E poi, in mezzo a tutto questo caos, c’è la vita trascorsa qui. 

In soli 40 giorni ho fatto e visto talmente tanto che mi sembra di esserci da tre mesi. Sono stata in quattro città diverse, ho incontrato quasi cento persone provenienti da tutto il mondo, ho provato un sacco di cibo buonissimo, bevuto litri di tè, scoperto un particolare interesse per il caffè turco e mangiato in orari sempre diversi. Sono stata poco a casa, mi sono sempre riempita le giornate come se dovesse succedere qualcosa di brutto e fossi costretta a tornare prima, l’ho fatto a prescindere da quello che sta succedendo nel mondo, probabilmente perché da quando ho cambiato la mia vita ho sempre il timore che tutto questo svanisca improvvisamente e che ad un certo punto mi ritrovi ad essere rinchiusa in un ufficio a lavorare 8 ore al giorno.

 

Di Gdynia amo come il mare cambi il suo aspetto a seconda di come i raggi del sole filtrano dalle nuvole. Ho visto il colore dell’acqua del mare assumere almeno sette colori diversi: dal grigio al verde, blu, rosa, arancione, giallo e nero.

 

Mi piacciono gli interni dei locali in cui si beve e si mangia, l’architettura ricorda a tratti quella nordica, a tratti quella industriale e a tratti quella tipica dei chalet di montagna ma più disordinata in un modo famigliare e piacevole. 

 

La scorsa settimana per la prima volta non mi sono più sentita come se fossi in un posto straniero ed è stata una sensazione a primo impatto spiazzante e poi estremamente confortante. 

 

Ho una piccola routine solitaria a cui tengo particolarmente, consiste nel camminare dall’ufficio fino alla spiaggia, sedermi sulla sabbia, chiudere gli occhi, respirare a fondo e appena sento che le mani mi fanno male dal freddo (circa dieci minuti dopo, per farvi capire quanto siano rigide le temperature) mi alzo e continuo a camminare fino a quando non trovo un locale carino in cui bere un té.  

 

Il polacco è l’ostacolo più grande con cui mi scontro ogni giorno in questo paese. La lingua è estremamente complessa e pur studiando la sento come se fosse un muro impenetrabile, ancor di più dal momento che tutti i miei sforzi linguistici sono impiegati nel migliorare il mio inglese che non è ancora fluente come vorrei.

 

Le relazioni umane rimangono un territorio che cerco di esplorare ogni giorno con curiosità e grande apertura mentale. Ho conosciuto persone che faccio fatica a non considerare speciali, nonostante il poco tempo trascorso da quando le ho incontrate. Con alcune di queste ho ricordi belli, di quelli per cui ne vale la pena scriverci una poesia perché meritano parole scelte con cura. In generale ho capito che i rapporti personali, specialmente con persone di culture differenti, richiedono più tempo, energie, attenzione, una grande capacità di ascolto e soprattutto cautela. Siamo tutti diversi, lo sbaglio più grande che si possa fare è pensare per schemi e applicare gli stessi con tutti, il risultato è un grande casino fatto di incomprensione e dispiaceri.

Una menzione speciale va alla gentilezza e il supporto che sto trovando e che continuano a stupirmi ogni giorno, spesso mi domando come sarebbe il mondo se tra noi tutti ci trattassimo in questo modo, sicuramente migliore di così.

Durante questo primo mese mi sono sentita spesso spaesata e insicura, entusiasta e felice, impaziente e sorpresa. Ho riso un sacco, pianto quando non riuscivo più a gestire tutte le emozioni che stavo vivendo e ho dato (e ricevuto) tantissimi abbracci, trovando, per la prima volta, in un contatto così stretto, un aiuto fondamentale per andare avanti. 

In questi giorni sto cercando di ritrovare la concentrazione per lavorare su me stessa e vivere questa esperienza in modo più consapevole e vicino al mio essere. Partendo per la Polonia credevo che vivere quest’ anno senza aspettative, seguendo il mio istinto senza impormi obiettivi e piani dopo anni passati a pianificare e preoccuparmi di tutto fosse l’idea migliore. In realtà ho capito che devo abbandonare la credenza che esistano solo due pesi e due misure, che tra il tutto e il suo opposto c’è un mondo dentro in cui posso trovare un nuovo equilibrio e che darmi una via da seguire è in realtà un modo per prendermi cura di me stessa. 

Infine, ma non per ultimo, ho scoperto che la felicità è molto più complessa e profonda di quella che ho vissuto fino ad ora ed è bellissimo. 

Per ora è tutto, godetevi la selezione di foto (potete cliccarci sopra e scorrerla agevolmente) che sono un mix tra ricordi e cose che sentivo di dover fotografare. 

Ho tante cose di cui raccontarvi che aspettano solo di essere scritte nero su bianco, spero e cercherò di essere più costante perché possiate seguirmi in modo più continuativo. Se in qualche modo questa pagina di diario vi è piaciuta potete, ovviamente, condividerla.

1 Comment

  • Ilaria Tidu

    Ciao Stefi, sono felice di sapere che la tua coraggiosa scelta, nonostante l’orrore della guerra, ti stia dando tante emozioni che ci stai trasmettendo totali e coinvolgenti attraverso
    le tue parole. Vedo nelle tue foto calore, dappertutto, leccornie servite in locali che sembrano quadri e poi il mare che ti coccola anche se freddo. Scrivi ancora e sempre con la spontaneità e la dolcezza che ti ha sempre contraddistinto, sarà un modo per esserti vicino. Ti abbraccio forte. Ilaria

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